Salutiamo i figli prima di uscire

Una scena di vita quotidiana: la mamma deve uscire e il bambino rimane a casa.

Salutare i figli prima di uscire, è giusto o complica solo le cose? Si potrebbe farne a meno, forse? Meglio evitare i pianti, tanto non capisce, proviamo a distrarlo così non piange.

La scena si ripete in molte case. La mamma deve uscire, la baby-sitter (o la nonna) sono già arrivate, giocano con il piccolo di casa, mentre la mamma di soppiatto si prepara per uscire. Uno sguardo furtivo fra i due adulti (il messaggio che passa è: sì si vada pure ora, tanto non la sta guardando) e la mamma esce.
Il bambino gioca, chissà, per questa volta ce l’abbiamo fatta.
Peccato che, pochi minuti dopo, il bambino si accorge che la mamma non c’è più e inizia la tragedia. Il bambino scoppia in un pianto dirotto e la baby-sitter deve gestire la disperazione del piccolo. Cosa che avrebbe, diciamolo, dovuto fare la mamma.

Siamo sicuri che sia una strategia utile?

Cosa si pensa di ottenere quando ci si comporta così?
Che il bambino soffra meno? O è un modo per evitare che la mamma affronti la disperazione del figlio?
Suvvia, esco solo per fare la spesa. O per andare a lavorare, tanto poi torno.
Già, peccato che lui non lo sappia. Come fa a saperlo? Il bambino vive l’istante presente, se la mamma non c’è e nessuno gli ha detto niente, la mamma, semplicemente, scompare.

Chi glielo ha detto? Chi lo ha rassicurato? Chi gli ha dato la possibilità di imparare a gestire l’assenza? Chi avrebbe potuto farlo, se non la mamma, o il papà?

Noi genitori di fronte all’assenza. Che tipo di bambino siamo stati?

Il problema è che gestire l’assenza ci costa fatica. Costa fatica a noi genitori per primi. Perché anche noi abbiamo subito delle assenze, anche noi abbiamo subito la perdita di qualcuno che ci era accanto, anche noi abbiamo sperimentato degli abbandoni e il dolore del figlio ci riporta a un vissuto infantile che forse è ancora rimasto lì, incastrato da qualche parte, nascosto nella memoria. È un ricordo che non vorremmo affrontare e che sembra cancellato ma muove ancora il nostro comportamento. Forse vorremmo che nostro figlio non lo vivesse, o forse non vogliamo viverlo noi, il pianto di nostro figlio, perché ci ricorda il pianto del bambino che siamo stati.

Essere genitori inevitabilmente ci riporta al nostro essere bambini, e quello che abbiamo vissuto noi da bambini ritorna, e ci condiziona.

Facendo così però impediamo al bambino di trovare delle soluzioni, di imparare a gestire l’abbandono, la solitudine, e tradisce la fiducia che il bambino ha (e deve avere) nei confronti del genitore che scompare improvvisamente, anche se poi quel genitore torna, anche se si tratta di un’assenza inevitabile o breve.

Come dobbiamo comportarci?

Salutare sempre i bambini quando si esce di casa. Anche se fossero troppo piccoli per capire, anche se sappiamo che piangeranno, dobbiamo sempre far vedere che usciamo e imparare ad affrontare il loro pianto. È naturale che un bambino pianga, è il suo modo per affrontare il dolore e la paura, non è normale né naturale che la mamma o il papà scompaiano all’improvviso. Distrarli serve solo al momento, e serve solo al genitore, mai al bambino. Serve al genitore che non vuole affrontare e gestire il pianto del figlio: perché tanto il figlio, prima o poi, piangerà e si sentirà abbandonato e solo. Non ci sarà stato nessuno a rassicurarlo e a dirgli: vado ma poi torno, torno sempre.

Quindi diciamoglielo. Abituiamolo con piccole assenze brevi, ma avvisiamolo sempre e poi, al momento giusto, salutiamolo con un gran sorriso e tanta serenità. E chiudiamo la porta, senza tornare indietro se piange, perché e normale che pianga, poi smetterà, ma almeno sarà sicuro e fiducioso che la mamma non lo imbroglia e che lui si può fidare.

Della mamma, di se stesso, e del mondo.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *