La casa è silenziosa e semibuia.
Mi aggiro a passi felpati nel caldo torrido di questa estate appena iniziata, cercando di dare un senso a una serata faticosa e un po’ stanca.
Il giovane uomo che condivide gli spazi e una parte della sua preziosa vita con me è chiuso nella sua stanza, si prepara a un futuro che sta iniziando e che ancora non conosce.
Non si può conoscere il futuro. Si può solo prepararlo, sperarlo, desiderarlo, ed è quello che sta facendo lui. Io lo accompagno, lo osservo senza darlo a vedere, ma il mio osservarlo gli pesa come un macigno.
Vuole che io ci sia e vorrebbe che non ci fossi. Una contraddizione infinita, irrisolvibile, ma è nel mantenimento di questa contraddizione il segreto del rapporto madre/figlio.
Mamma, devi esserci per me. Mamma, non mi stare troppo addosso. E nel momento che ci sei, anche se taci, anche se cammini con passi felpati, nel momento in cui tossisci o chiudi le porte, ti sento talmente forte che vorrei scomparissi.
Perché anche se non ci sei continui a esserci, ma non posso prendermela con nessuno se non con me stesso, che ti creo anche quando il tuo passo cammina altrove
MC